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L’umidità all’interno della barca è gradevole quanto un secchio di sabbia rovesciato nel sacco a pelo in cui dormite, ma purtroppo non è soltanto una questione di comfort: la temutissima condensa che si forma nei mesi invernali quando le temperature scendono e la barca magari è lontana centinaia di chilometri da casa e resta all’ormeggio chiusa per settimane se non mesi, se non viene affrontata e possibilmente eliminata rischia di trasformarsi in un vero e proprio incubo per il diportista, con danni anche notevoli sia sotto il profilo economico sia sotto quello della vivibilità.

La condensa infatti (ossia l’acqua presente nell’aria) è di per sé innocua e si rimuove con un semplice panno: i problemi, come sappiamo tutti, sono quelli successivi, quando l’umidità posandosi sulle superfici le trasforma ben presto in un perfetto terreno di sviluppo per le muffe. E qui iniziano i dolori veri, perché se lasciamo la condensa a dominare in dinette o nelle cabine, ci ritroveremo ben presto con i materassi zuppi, i tessuti ricoperti da un orribile (e nocivo) strato di verde che sarà ben difficile da eliminare, i legni destinati a marcire, gli impianti e le connessioni dei cavi a rischio ossidazione, eccetera eccetera eccetera. Tutto questo, naturalmente, senza considerare gli aspetti negativi per la salute.

Insomma, l’umidità sotto coperta va combattuta con ogni mezzo e, per fortuna, le soluzioni ci sono e alla portata di tutte le tasche. Certo, pensare di salire in barca a novembre nel Nord Italia e non trovare la benché minima traccia di condensa è privilegio di pochi, ma portare i livelli di umidità a valori accettabili è decisamente fattibile per qualunque diportista. Va detto, come premessa, che in questa battaglia molto dipende dalla barca, dalla qualità della sua costruzione, dalla presenza o meno di coibentazione adeguata e così via: ci sono scafi (anche con decine di anni sulle spalle) che sono perfettamente asciutti in pieno inverno e ce ne sono altri che, a parità di condizioni meteo e magari con molti meno anni sulle spalle, sono delle vere e proprie spugne imbevute.

In primis, e vale per tutti, bisogna tenere in considerazione quei piccoli gesti pratici che possono fare una grande differenza: se ne avete la possibilità non lasciate la barca chiusa per troppo tempo, approfittate di una bella giornata di sole per farle visita e aprire tutto ciò che potete aprire, perché il ricircolo dell’aria è il primo metodo per evitare il formarsi di condensa. Se temete di non poterlo fare, allora adottate qualche accorgimento prima di abbandonare a lungo la barca: portate via i materassi (se è possibile, altrimenti metteteli in verticale) e aprite i gavoni, per arieggiare il più possibile ogni angolo sotto coperta, controllate naturalmente che non ci siano infiltrazioni da oblò, tambucio etc, verificate che la sentina sia perfettamente asciutta. Una volta fatto ciò, potete passare alla prevenzione.

Ci sono sostanzialmente tre strade per combattere l’umidità: il ricircolo di aria, i deumidificatori semplici e quelli elettrici. Va da sé che se, al contrario del diportista medio, avete la possibilità di vivere a lungo in barca anche nei mesi invernali, beh il discorso cambia un po’, perché il riscaldamento acceso per molte ore aiuta certamente a contrastare la condensa (anche se non del tutto, perché anche nelle case ci sono problemi di umidità pur non essendoci il mare e pur essendoci il riscaldamento acceso in inverno), ma nella stragrande maggioranza dei casi non c’è la possibilità di lasciare stufette elettriche o termosifoni a olio accesi H24 sottocoperta per settimane intere, sia per un problema del tutto ovvio di sicurezza sia perché i costi sarebbero esorbitanti.

Sotto il profilo delle soluzioni “ad aria”, si tratta di installare delle semplici maniche a vento come questa (Manica a vento per boccaporti (osculati.com), da installare a prua, che aiutano in modo efficace a convogliare sottocoperta l’aria esterna, ma hanno naturalmente il difetto che non possono certo essere lasciate installate in caso di violente ondate di maltempo, peraltro piuttosto frequenti nei mesi invernali anche nel Mediterraneo. Ci sono poi le ventole, sia a 12 volt (ma torniamo al problema di cui sopra, di un apparecchio elettrico lasciato acceso H24, che non è mai una gran cosa) sia soprattutto a energia solare: questi ultimi garantiscono un funzionamento prolungato senza dover essere collegati all’impianto di bordo, e sono di installazione decisamente semplice, permettendo un ricambio di aria. Questo modello di Aeratore solare autonomo Solarvent (osculati.com) ad esempio è garantito per un funzionamento continuo di 30 ore con adeguata ricarica solare.

Alle maniche a vento o ventole, si devono comunque aggiungere i deumidificatori. I più semplici ed economici sono i cosiddetti ricaricabili a sale o a silica-gel, con pastiglie o sacchetti, si trovano ovunque, costano una manciata di euro, non hanno ovviamente alcun collegamento elettrico e permettono di assorbire una gran quantità di umidità, ve ne accorgerete semplicemente svuotando ogni tanto le cassettine di raccolta dell’acqua. Ecco uno dei tanti modelli: Deumidificatore ABSODRY® (osculati.com)Possono essere installati ovunque e naturalmente più ne piazzate e meglio è. Rispetto alle pastiglie di sale, che si consumano con il semplice assorbimento dell’umidità, quelli a base di silica-gel hanno il vantaggio di poter essere rigenerati lasciandoli ad esempio nel microonde, per poterli così riutilizzare.

Se non vi accontentate dei metodi manuali, potete invece optare per i deumidificatori elettrici, che sono naturalmente tutt’altra faccenda: potenti ed efficaci, sono un ottimo metodo per purificare l’ambiente sotto coperta e minimizzare i rischi di condensa. Hanno sensori di accensione che scattano quando si supera una determinata soglia di umidità (considerate che oltre il 60% c’è già un alto rischio di formazione di muffe). Tra i difetti, oltre al costo che è naturalmente ben superiore a quello dei Sali, c’è il loro ingombro e soprattutto il fatto che necessitano di alimentazione elettrica, con tutto quel che ne consegue.

A voi la scelta.