La cinghia che salva la vita

Nella disgraziata ipotesi che vi sia già capitato di veder cadere in mare un componente del vostro equipaggio, avete già toccato con mano tutta la pericolosità di momenti simili. Ma non servono neppure incidenti nel senso stretto del termine, per rendersi conto di quanto sia difficile il recupero di una persona in acqua e quanto sia una questione di attimi per vederla sparire nascosta dalle onde.

E’ sufficiente anche un (quasi) innocuo gioco estivo come fare il bagno facendosi trascinare dalla barca a vela in movimento: provate, anche soltanto a due nodi di velocità e con mare piatto, a lasciarvi scivolare mollando la presa. Vi accorgerete che in una manciata di secondi sarete già a molti metri di distanza dallo scafo. E se invece non volete mollare la presa, provate semplicemente a risalire da soli: se non siete giovani, robusti e molto atletici, non ce la farete mai. E tutto questo a una velocità minima. Se la barca, al contrario, viaggiasse  anche soltanto a 5-6 nodi, beh, in quel caso non c’è muscolo che tenga: sullo scafo da soli non riuscirete a risalire. E se mollate la presa, siete lontani in un attimo. Immaginate la stessa situazione con mare formato e vento e magari il buio e capirete perché l’uomo a mare rappresenta la peggiore delle ipotesi di incidente.

Questa premessa per spiegare che la prevenzione, in mare, non c’entra nulla con le leggi e i regolamenti, ma è qualcosa che dovrebbe essere nel Dna di ogni comandante degno di tal nome.

Buon senso, insomma. E la prevenzione di situazioni come quelle descritte sopra si chiama lifeline, ossia “linee vita”, le fettucce o cinghie o cavi o cime (sì, c’è anche chi usa ad esempio il dyneema) che corrono lungo la coperta dello scafo e servono per agganciare il cordone ombelicale, o cintura di sicurezza a seconda di come volete chiamarlo, per restare saldamente ancorati alla barca in situazioni di maltempo e durante manovre particolarmente rischiose come andare all’albero o a prua. E’ opportuno averle sempre armate, e in ogni caso è assolutamente consigliabile armarle ogni qual volta le condizioni meteo si annuncino impegnative.

Ma cosa sono le lifeline? Eccone una: Jackstay (Lifeline) (osculati.com). Sono solitamente delle cinghie o fettucce che vengono fissate a golfari contropiastrati e già previsti dai cantieri nel caso di barche moderne, oppure installati dall’armatore nel caso di successivo intervento, o ancora possono venire fissate alle gallocce d’ormeggio. In ogni caso, i punti di ancoraggio delle lifeline devono sopportare un alto carico di rottura, pari ad almeno 2 tonnellate, per scongiurare ogni possibilità di cedimento. Sono solitamente cinghie o fettucce perché impediscono di scivolare camminandoci sopra (al contrario, ad esempio, dei cavi di acciaio che si usavano un tempo) e in più non rovinano lo scafo in vetroresina. C’è chi sceglie anche di autocostruirsele usando, appunto, di solito materiali iperresistenti come il dyneema.

Al di là del materiale scelto, gli aspetti fondamentali sono comunque due: la robustezza dei punti di attacco, di cui abbiamo già detto, e il posizionamento lungo la coperta. Quest’ultimo aspetto è anch’esso determinante ai fini della sicurezza: le lifeline infatti non servono soltanto a evitare che una persona finisca in mare, ma devono impedire la sua caduta fuoribordo, per i motivi già spiegati all’inizio: se finisci appeso al cordone ombelicale ma al di là delle draglie, risalire da solo e magari sotto i colpi delle onde è un’impresa titanica. Quindi posizionate le vostre lifeline il più internamente possibile, e non a ridosso della falchetta.

Uno degli schemi migliori è quello di posizionarne due, una per lato, da poppa fino all’albero, e poi una terza centrale dall’albero alla prua. Bisogna poi prevedere uno o più golfari anche nel pozzetto, perché chi sta al timone (e ancor di più se naviga in solitario) deve essere legato esattamente come gli altri suoi compagni anche a riposo e non soltanto quando si va all’albero o a prua. In piena notte e con mare formato, un’onda che finisce in pozzetto può avere effetti mortali se qualcuno si fa sorprendere slegato.

Una volta acquistate e posizionate le lifeline, non vi resta che acquistare la restante parte di attrezzatura, ossia il cordone ombelicale. Ce ne sono di diverse tipologie, con moschettoni a sgancio rapido, allungabili o no, con fettuccia singola o sdoppiata. Queste ultime (Cordone ombelicale EURO Lightline (osculati.com) sono le migliori perché permettono di essere sempre in totale sicurezza, in quanto durante i movimenti lungo la coperta grazie al doppio moschettone permettono di fissarsi a un nuovo punto di ancoraggio senza doversi prima sganciare dal precedente. I cordoni ombelicali vanno naturalmente fissati al corpo attraverso un opportuno imbrago oppure all’anello che molti giubbotti autogonfiabili già prevedono per tale utilizzo.

Queste attrezzature rappresentano una spesa di una manciata di euro, in rapporto al costo di acquisto di una barca e al suo mantenimento, ma possono fare la differenza tra vivere o morire. Non trovatevi mai nella condizione di dover rimpiangere di non averle a bordo.

Osculati Srl
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