I corsi di vela: quello che non dicono.
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Quando ti avvicini alla vela, il primo passo naturale è quello di buttare l’occhio sul programma dei corsi proposti dalla moltitudine di scuole sparse per la Penisola, non importa se blasonate o sconosciute. L’offerta dei corsi, con le dovute eccezioni, è un po’ cambiata negli anni per la necessità delle scuole di adattarsi a quelle che sono le richieste dell’allievo-cliente e la tendenza sempre più diffusa a mescolare la componente tecnica a quella turistico-vacanziera, spesso dominante rispetto alla didattica. Inevitabile, per poter permettere ad associazioni no-profit, società o singoli professionisti di dare un senso economico all’attività della scuola di vela. L’allievo è pur sempre colui che paga e va accontentato il più possibile, affinché oltre a imparare qualche nozione possa trascorrere una settimana o più in piacevole relax.
Ma questa trasformazione si è trascinata dietro, inevitabilmente, anche altri aspetti. Uno di questi è che la preparazione completa per una vera autonomia dell’allievo in ambito di navigazione a vela è decisamente rara anche nelle scuole più blasonate perché alcuni aspetti fondamentali dell’andar per mare non vengono neppure sfiorati dai pur corposi programmi delle migliaia di corsi offerti ai quattro angoli del Mediterraneo. In sostanza, sono tanti e importanti gli insegnamenti che può offrire una scuola (o uno skipper) nella corretta regolazione delle vele, ma sono altrettante le nozioni di altro genere che vengono tralasciate per mancanza di tempo o per scelta specifica. E questi aspetti, paradossalmente, riguardano proprio i primi ostacoli che un futuro armatore (o cliente di charter) si ritroverà a dover affrontare una volta salpato per la sua crociera inaugurale: a cominciare proprio dal primissimo passo, ossia l’ormeggio, tasto dolente nella sterminata offerta. Sono poche le scuole a dedicare nel loro percorso didattico ampio spazio a questa manovra fondamentale, che negli anni a venire rappresenterà sempre un momento di particolare attenzione in uscita e soprattutto in entrata in un porto. Nel migliore dei casi, all’allievo imbarcato su un piccolo cabinato a motore viene fatto provare un ingresso in porto con calma piatta, trasmettendo quindi un’indicazione del tutto superficiale. Per approfondire questa preparazione, diventa così fondamentale affidarsi a corsi specifici dedicati esclusivamente alle manovre, che prendono sempre più piede (quasi sempre nei mesi di bassa stagione, assieme a quelli sulla manutenzione dei motori) proprio per colmare le lacune di chi è stanco di intraversarsi a ogni ingresso o di dover chiedere la costante assistenza del personale del porto.

L’ormeggio, oltretutto, è una di quelle manovre dove il corso specifico può certamente aiutare, ma è un grave errore credere che bastino due giorni di lezione per considerarsi maestri. Al di là del fatto che le condizioni meteomarine non sono mai le stesse, così come le caratteristiche di corrente o vento di un porto, c’è anche una componente fondamentale legata alla singola barca: ognuna ha le sue peculiarità, a cominciare dall’effetto evolutivo dell’elica. Insomma, mille variabili che possono certamente essere spiegate in un weekend di corsi, ma che poi vanno messe in pratica decine e decine di volte per essere davvero comprese e assimilate a dovere.
Un altro aspetto spesso trascurato nei corsi è quello delle comunicazioni, anche soltanto in riferimento al porto o marina in cui si vuole trascorrere qualche ora o la notte, e di cui non sappiamo nulla perché non ci siamo mai stati prima d’ora. L’ingresso in un ormeggio che non è quello abituale è un po’ meno semplice perché vengono meno tutte quelle abitudini e conoscenze che ci rendono la vita più semplice nel porto “di residenza”. Se usciamo per la nostra prima crociera e decidiamo di trascorrere la notte nel porto X dobbiamo, innanzitutto, sincerarci che abbia posto e per farlo dobbiamo sapere esattamente le misure dello scafo su cui stiamo navigando: se è il nostro non ci sono problemi, se è di una società di charter è fondamentale avere ben chiare le principali caratteristiche: lunghezza fuori tutto, baglio massimo e soprattutto pescaggio, perché quando chiameremo gli addetti del marina dovremo snocciolare queste informazioni fondamentali per permetter loro di darci un posto adeguato ed evitare spiacevoli inconvenienti. Al contrario, si vedono a volte barche anche di discreta stazza entrare in un bacino senza neppure avvisare, quasi fosse un hotel, e poi vagare nello spazio acqueo dell’accoglienza, a volte ostacolando altre barche in manovra. E’ d’obbligo, e non solo per buona educazione, chiamare, chiedere la disponibilità, chiedere conferma del canale VHF indicato sul Portolano per poter comunicare via radio con gli ormeggiatori una volta arrivati in prossimità dei fanali e così via. La maggior parte dei marina dispone di trappe (le cime fissate al corpo morto), ma ci sono anche luoghi in cui non ci sono ed è richiesto un ancoraggio per poi manovrare in retromarcia fino alla banchina. E’ un altro di quei dettagli da chiedere nel momento in cui si verifica la disponibilità, perché significa preparare tutto (equipaggio compreso) a un ancoraggio. E sempre a proposito di dettagli che, a giudicare da quel che si vede in giro non sono così insignificanti, si entra in un porto con tutta l’attrezzatura perfettamente pronta, per evitare quei frequenti e imbarazzanti casi di equipaggi che a due metri dalla banchina si accorgono di avere le cime ben riposte nei gavoni e iniziano una frenetica e poco edificante caccia alla cima perduta.

Un altro degli aspetti tralasciati da molti corsi velici è quello della conoscenza degli scafi e della gestione tecnico-pratica degli stessi. Tradotto: la gran parte di ciò che ci farà ammattire e rischierà di rovinarci una vacanza si trova sotto coperta, non sopra: prese a mare, pompe del wc, autoclavi, batterie, log non sono oggetti misteriosi, ma componenti fondamentali per una navigazione sicura e, in alcuni casi, confortevole. Sarebbe bene conoscerli a fondo prima, e non dopo, aver mollato gli ormeggi.
È bello e affascinante saper regolare di fino una randa per sfruttare ogni refolo ma, ad esempio, se nessuno ti spiega che è buona norma ogni tanto mettere una mano sulle batterie per sentire se stanno lavorando bene o se invece si stanno trasformando in una friggitrice, rischi di rovinarti una vacanza appena iniziata, o peggio.
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