La regata è una alchimia fatta di tecnica, di talento, di calcolo, di meteo… la regata è un momento in cui mille e mille componenti si uniscono in una specie di suono di orchestra che – a seconda del risultato – può risultare una melodia o una orrenda cacofonia.

Oggi vedremo qualche pillola di tecnica e, soprattutto, faremo qualche riflessione su come “portare a casa” una prestazione onorevole e come evitare di cadere negli errori più banali. Quelli che in un attimo ti fanno crollare a picco nello score della regata.

La premessa è d’obbligo: la tecnica, la messa a punto del mezzo e la pratica contano ovviamente moltissimo. Ma quello che fa davvero la differenza è il metodo, il modo in cui l’equipaggio interagisce con gli elementi interni ed esterni alla imbarcazione. Questo serve per avere un approccio razionale e organizzato alla competizione che stiamo affrontando, ed evitare che possano esserci (troppi) fattori lasciati al caso.

Una regata si compone di molti momenti, oggi mi piace mettere l’accento su alcuni di essi, quelli che a mio parere sono i fondamentali. Per farlo inizieremo dall’inizio, anzi da prima dell’inizio: dal momento zero.

IL BRIEFING A TERRA

Fare regate è generalmente un modo per creare affiatamento all’interno di un gruppo (a pensarci bene è anche un modo per sgretolare i rapporti). Purtroppo, essere un gruppo di amici molto spesso va bene solo per la birra del terzo tempo al pub del porto, ma non è garanzia di successo in regata. In barca serve alchimia tecnica, affiatamento e riconoscimento dei ruoli e delle capacità individuali che – come è facilmente intuibile – non sono quasi mai intercambiabili.

Per tentare di raggiungere questa condizione si parte dalla banchina, il briefing pre-regata è un momento importantissimo. Lo skipper o il tattico illustra la giornata che ci aspetta in mare, comunica la scelta delle vele da imbarcare in base alle previsioni meteo e in quale formazione affronteremo la regata. Non è un dibattito, ma un momento da sfruttare ascoltando in silenzio cercando concentrazione.

IL PRE-PARTENZA

La partenza nasce almeno 30 minuti prima dello start ed è per questo che occorre arrivare in tempo e concentrati sul campo di regata. Mollare gli ormeggi all’ultimo minuto non lascia il tempo per osservare attentamente il campo e preparare le nostre scelte tattiche. Inoltre, crea quel senso di fretta che non giova affatto alla concentrazione dell’equipaggio. Personalmente preferisco il rischio di girare a vuoto mezz’ora (specie quando il comitato attende che il vento si dichiari) piuttosto che arrivare sulla linea pochi minuti prima con l’equipaggio che nel giro di poco tempo è per forza di cose passato dal stato di semi-quiete della banchina alla adrenalina della partenza.

Questo è il momento della osservazione: vento, mare, orografia della costa, posizione del campo di regata rispetto ad essa. È il momento di osservare gli avversari (specie quelli diretti), studiare il loro setting e ricontrollare il nostro. Come detto l’elemento primo da osservare è ovviamente il vento stesso. Brezza termica o vento formato di perturbazione? La differenza tra queste due condizioni servirà a prevederne le oscillazioni e ad individuare le zone di maggior pressione. Al termine di questo lavoro di osservazione ed analisi potremo arrivare a capire quale sarà il lato più favorevole del campo di regata ed inizieremo a manovrare per aggiudicarcelo.

LA PARTENZA

L’orologio scorre ed è giunto il momento di studiare la linea di partenza per capire se è più favorevole partire sulla barca comitato o sulla boa o se invece la linea è neutra. Per esperienza personale quest’ultimo caso è abbastanza raro così come è abbastanza raro che sia neutra la linea di arrivo. 

Per capire se esiste un lato favorevole occorre rilevare la rotta che teniamo di bolina stretta mure a dritta, e confrontare il rilevamento con l’allineamento della linea compiendo tre semplici operazioni:

  • rilevare la direzione del vento;
  • in base alla direzione del vento ipotizzare un piano cartesiano ruotando il sistema di 90°
  • scorrere la linea dalla boa rilevando la prua bussola.

Ipotizzando una direzione del vento di 30° e aggiungendo 90° trovo l’angolo retto corrispondete alla direzione del vento a 120°. Se scorrendo dalla boa verso la barca comitato rileverò una prua bussola compresa tra 30° e 120° significherà che la barca comitato è più vicina al vento altrimenti sarà esattamente il contrario.

Attenzione poi alla distanza dalla linea: spesso con vento sostenuto chi parte a centro linea tende a restare un po’ più lontano da essa. Mentre chi naviga più in prossimità della barca comitato o della boa ha riferimenti più prossimi e precisi. Si crea quindi la caratteristica formazione a sezione d’arco. Essere agli estremi può essere un vantaggio ma attenzione a non farci trovare troppo alti in anticipo: il rischio è quello di vedere arrivare una barca da sottovento che ci spingerà fuori dalla linea. Importantissima in questa fase (siamo oramai sotto i 5 minuti alla partenza) la capacità di valutare il timing e di regolare in base ad esso la nostra velocità di avvicinamento alla linea di start.

Facile a dirsi, ma per metterlo in pratica occorrono anni di pratica, una certa sensibilità ed un affiatamento molto sviluppato tra timoniere randista e tattico. In questa fase è tutto un gioco di “nasate” al vento e di poggiate per riacquistare velocità con l’unico scopo di arrivare in tempo, di arrivare in velocità e di arrivare esattamente nel punto in cui abbiamo scelto di partire. Qui la teoria serve a poco: provare, provare, provare.

LA COMUNICAZIONE

La differenza fondamentale tra un equipaggio vincente ed un equipaggio da retrovie è il rumore di fondo che si percepisce a bordo. Se ci capita di osservare il giro di boa di una regata osserviamo che i primi girano in perfetto silenzio, scandendo le manovre con poche semplici e precise chiamate da parte dello skipper. Gli ultimi, invece, girano la boa sotto una babele di grida, ordini a casaccio ed improperi.

L’ho detto, ripetuto e ribadito (ne sanno qualcosa i miei equipaggi) a bordo parla uno solo ed è il tattico o chi ne assolve le funzioni. Se il timoniere chiede informazioni queste verranno date in modo preciso, coinciso e senza fronzoli. Si tratterà di informazioni e non di ipotesi. Se il dato preciso non è disponibile meglio aspettare qualche secondo ed osservare meglio piuttosto che perdersi in una nuvola di “credo che” “secondo me” o “mi pare che”. Le informazioni imprecise non servono a nulla se non a distrarre l’equipaggio.

NON E’ UN DIBATTITO

Per il resto, vale la consegna del silenzio e della concentrazione. Il silenzio serve a mantenere alta la concentrazione. Serve a ripassare mentalmente la sequenza della prossima manovra che andremo a fare, a iniziare a prevederla verificando ogni manovra, ogni cima, ogni passaggio. Se iniziamo a discutere le scelte del tattico distraiamo noi stessi, iniziamo a non curare più con attenzione la gestione attiva dei pesi che è fondamentale su qualsiasi barca. Arriveremo impreparati alla prossima manovra. Contemporaneamente, distrarremmo randista, tattico e timoniere con delle chiacchiere di fondo non necessarie. Il risultato sarà che tutto l’equipaggio verrà destabilizzato, con conseguente ricaduta negativa sulla performance della barca.

TEMPISMO IN MANOVRA

Che sia una virata, un incrocio, giro di boa o una strambata (pardon una abbattuta) il tempismo ed il coordinamento sono l’ingrediente essenziale.

Ancora una volta silenzio e concentrazione. Se stiamo per approcciare una boa il prodiere e l’eventuale “due” si portano a prua ed il drizzata segue i loro movimenti in attesa della chiamata di manovra. Se tutto funziona nessuno parla, se qualcosa non va, a parlare deve essere il prodiere che chiede al drizzista qualcosa di specifico o avvisa il pozzetto che l’issata non è pronta.

A issata effettuata calerà di nuovo il silenzio. Trimmer e timoniere saranno in comunicazione ed il primo indicherà al secondo ogni variazione di pressione che percepirà sulla scotta. Importante sarà la posizione dell’equipaggio, la gestione dei pesi e la prontezza nell’effettuare manovre improvvise e repentine. Un ingaggio in boa, una abbattuta o l’ammainata finale richiedono calma, concentrazione, rispetto dei ruoli e grande coordinamento. E silenzio. Ancora una volta le informazioni dovranno essere chiare ed essenziali, minime. Nessun discorso, solo pochi imput specifici.

E SE NON SONO D’ACCORDO?

Che fare se si è rimasti in silenzio per tutta la gara, ma non si condividono le scelte del tattico? Semplice. Si procede con un esame davvero obbiettivo della situazione in barca e delle vostre capacità. Se vi rendete conto che quell’imbarco non fa per voi lo si abbandona senza recriminazioni o polemiche. Ma fino a quel momento si farà gioco di squadra, tenendo la concentrazione in barca al 100%.

C’è solo un caso particolare: se siete l’armatore, potete sempre cambiare tattico e timoniere. Ma questa è un’altra storia.

Buon vento, ci vediamo in regata.

Renzo Crovo