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Barca che vedi, parabordi che trovi. Accessorio indispensabile in banchina, il parabordo è, tuttavia, tra quelli più soggetti a libere interpretazioni, a volte anche piuttosto suggestive. Eppure le regole base ci sono.

Partiamo dall’inizio. Il parabordo, soprattutto da quando gli scafi vengono disegnati con un bottazzo (la fascia lungo le murate) decorativo, o quasi, anziché protettivo com’era in origine, è fondamentale per proteggere dagli urti involontari contro le banchine o contro gli scafi vicini d’ormeggio (o di rada, talvolta).

Ne esistono di ogni misura e di diverse tipologie. La misura è naturalmente quella relativa alla grandezza e va di pari passo con le dimensioni della barca. La tipologia è, invece, più correlata all’utilizzo che se ne vuole fare a bordo. A livello di materiali, ci sono due grandi categorie: i parabordi gonfiabili in PVC, ossia quelli classici e più diffusi; e quelli piatti in schiuma espansa a cellule chiuse.

I parabordi in PCV possono essere a forma cilindrica o sferica, “a palla”. Hanno una valvola per il gonfiaggio e due occhielli per il loro fissaggio (che può essere verticale o orizzontale in caso di utilizzo ad esempio sullo specchio di poppa), mentre i parabordi sferici hanno un solo occhiello.

I modelli in PVC sono più economici e hanno il vantaggio di poterli spostare facilmente e velocemente lungo le murate, facendoli semplicemente rotolare. Hanno, però, lo svantaggio di ondeggiare molto e lasciare scoperto lo scafo in caso di violenti spostamenti avanti-indietro della barca. Per ovviare a questo punto debole, c’è chi li fissa tra loro con una cima attraverso l’occhiello basso, creando una sorta di “batteria” in serie.

I parabordi in schiuma, al contrario, si spostano molto di meno e hanno il vantaggio di poter essere utilizzati in coperta durante la navigazione come comodi sedili o materassini, tuttavia la loro leggerezza è un punto a sfavore perché non sono rari gli spostamenti indesiderati causati dal vento. Grazie alla loro ampia superficie, questi parabordi sono adatti anche ad un uso sullo specchio di poppa.

Su quantità e tipologia dei parabordi, ognuno fa come meglio crede. Tuttavia in linea generale bisogna considerare che su barche piccole (fino a 7-8 metri) sono sufficienti 6 parabordi cilindrici, naturalmente tre per lato: uno al baglio massimo e gli altri due verso prua e poppa, non troppo avanzati né arretrati. Oltre i 7-8 metri e fino ai 12 metri, sono consigliabili 8 parabordi. A questi è doveroso aggiungerne almeno uno da tenere in coperta a portata di mano, e con la sua cima, per interventi di emergenza durante una manovra.

Invece, i parabordi sferici sono adatti solitamente per il giardinetto o, in altri casi, il mascone, ma questo dipende molto dalle singole situazioni e anche dalle caratteristiche delle singole barche. C’è chi ha necessità di proteggere molto la poppa (per via della risacca) e non il giardinetto, perché durante la manovra non ha vicino nessuno; mentre c’è chi, al contrario, ha un posto molto stretto e ha necessità di proteggere il giardinetto, e in tal caso i parabordi sferici sono i più indicati.

Esiste, poi, un’ampia offerta di modelli realizzati appositamente per proteggere la prua e la poppa. In generale, non serve abbondare con il numero di parabordi, ma è opportuno comunque ricordarsi che, come tutte le cose, un parabordo può rompersi (in altre parole, sgonfiarsi). Di conseguenza, averne qualcuno in più della cosiddetta “dotazione base” non fa di certo male.

Una volta deciso numero e tipologia, è consigliabile rivestirli con le apposite “calze” o copriparabordo.

Ce ne sono di diverse tipologie e prezzo, ma valgono l’acquisto: oltre a dare un tocco di eleganza, permettono soprattutto di proteggere le murate da possibili macchie causate dal ripetuto sfregamento del PVC sulla vetroresina.

I parabordi si fissano rigorosamente con il nodo parlato – meglio ancora se “ganciato” per permettere un veloce scioglimento – e legati di solito alle draglie in prossimità dei candelieri, con il caratteristico consiglio del “non troppo alti e non troppo bassi” che vuol dire tutto e niente. È l’armatore a dover valutare la situazione della sua barca, se deve proteggersi da un vicino che ha uno scafo più basso di 30 centimetri dovrà ovviamente tenere i parabordi particolarmente bassi. In caso contrario, dovrà tenerli particolarmente alti.

Una volta completata la manovra di uscita dal porto (e non prima) i parabordi vanno riposti, o meglio andrebbero riposti – il condizionale è d’obbligo perché non tutti hanno gavoni così spaziosi da contenere tutti i parabordi, soprattutto se in dotazione ci sono anche quelli sferici particolarmente ingombranti. Le “rastrelliere” apposite sono su barche molto grandi, i comuni mortali devono accontentarsi di soluzioni fai da te: c’è chi li fissa tutti insieme a mò di “mazzo di fiori” al pulpito di poppa, chi a prua e chi invece li issa semplicemente sul ponte. In quest’ultimo caso, tuttavia, i rischi di trasformare i parabordi in pericolosi ostacoli oppure di vederli rimbalzare fuori bordo dopo 30 secondi di navigazione è piuttosto alto.

Per evitare questi rischi, il nuovo attacco Rapid Lock Osculati permette di fissare fermamente i parabordi con un aggancio rapido sulla coperta della barca. Non si rischierà, così, che il nodo si sciolga o si allenti. Per di più, quando non in uso la base ad incasso rimane a filo, conservando la linea della barca.

Stefano Sergi
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