(Reg)tiquette: etichetta in gara prima, durante e dopo
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Lo scorso fine settimana, dopo mesi di inattività sono tornato in regata alla Genoa Sailing Week. Non è andata bene, e francamente voglio archiviare l’esperienza senza troppi commenti. L’unico fatto positivo è che ho rivisto vecchi amici che – a causa della pandemia – non erano più “scesi” in Liguria per uscire in mare. Da quel punto di vista è stato molto piacevole, dal punto di vista agnostico no e voglio stendere un velo pietoso.
Sarà l’amaro in bocca; sarà che non regatavo da diversi mesi (da quando il nostro campionato locale si è bruscamente interrotto a novembre). Ma questa è stata l’occasione per meditare un po’ su quella che ho definito nel titolo (reg)tiquette”: uno sciocco neologismo personale (per cui chiedo indulgenza) che vorrebbe tracciare un quadro del saper vivere del buon regatante; sia esso armatore che equipaggio.
Non è semplice, gli equilibri sono spesso fragili e precari e non c’è da stupirsi se dopo un paio di stagioni gli equipaggi “scoppiano” magari sulla scia di risultati non propriamente brillanti. Ma a ben guardare già dall’esordio si possono individuare i segnali di un equipaggio davanti al quale si può immaginare una lunga e piacevole convivenza e quello destinato invece a naufragare nel mare tempestoso dei primi risultati negativi.

Innanzi tutto inquadriamo il campo: credo sia superfluo precisare come si stia parlando di armatori ed equipaggi non professionisti; equipaggi che salgono a bordo unicamente per passione e per la pura pratica dilettantistica del nostro amato sport.
Nella mia carriera velica ho avuto qualche occasione di salire a bordo di importanti barche e di regatare con equipaggi professionisti di alto livello. Uno tra tutti IL (compianto) armatore industriale, a mio parere il più grande di tutti. In quelle occasioni ho avuto modo di toccare con mano come i grandi armatori e gli equipaggi professionisti si muovano su binari del tutto diversi, con dinamiche ben collaudate e codificate che ben poco hanno in comune con le nostre sortite nel mondo della vela agonistica.
Non è di quel mondo che voglio parlare.
Queste righe – credo si sia compreso – non vogliono essere una delle tante dotte dissertazioni sulla tecnica e tattica di regata; lo scopo è quello invece di fare una piccola panoramica su alcuni punti che possano aiutare a comprendere se quello che si ha di fronte è (o no) un buon team. In altre parole, se è il caso di imbarcarsi o lasciare perdere. Allo stesso modo vediamo se si riesce a dare qualche spunto ad un armatore che abbia voglia di organizzare in modo amatoriale ma “dignitoso” il suo equipaggio.
Organizzazione
Organizzare la partecipazione ad una regata può apparire una faccenda abbastanza complicata, ed in effetti non si può negare che occorra un po’ di attenzione per evitare di sfigurare e di trasformarsi nella Cenerentola della manifestazione. Un po’ di organizzazione allora, e qui il buon feeling tra armatore ed equipaggio viene già messo alla prova.

La barca probabilmente andrà preparata, alleggerita, messa a punto e provata. Bene, vediamo chi parteciperà a queste sessioni, indubbiamente un po’ meno divertenti della regata stessa ed avremo già un quadro sufficientemente preciso del coinvolgimento dei singoli membri di equipaggio; e – a mio parere – un parametro per decidere se imbarcarli ancora o lasciarli andare per la loro strada.
Stessa cosa a fine regata: vedere un equipaggio che salta in banchina e scappa via salutando con un “ciao ci vediamo alla prossima” non è certamente buona cosa. La barca va disarmata, pulita e va riportata allo stato in cui si trovava prima di essere preparata per la regata. Anche qui – per quanto mi riguarda – chi svicola “elegantemente” da queste mansioni può rimanere sul divano di casa a guardare il mare dalla finestra (se ha la fortuna di vederlo).
Le sessioni di allenamento infine – nel limite del possibile visto che si sta parlando di velisti amatoriali – dovranno essere stabilite e non disertate.
Divisione dei compiti
Chiariamo: non voglio parlare dei ruoli in regata (timoniere, tattico, tailer, prodieri etc.); quelli forse sono già stati stabiliti e magari consolidati.
Intendo dire che l’armatore non potrà essere lasciato solo ad organizzare tutto; sarà al contrario buona cosa che i membri di equipaggio più esperi si occupino di aiutare l’armatore in tutta una serie di incombenze: dalla raccolta di tutti i dati dell’equipaggio (FIV, autocertificazione COVID etc) al controllo del certificato di stazza, al programmare la preparazione della barca, al procurarsi e studiare le istruzioni di regata. Organizzazione della cambusa, il controllo dei serbatoi acqua e carburante e tutte le altre mille piccole questioni che vanno sbrigate nei giorni che precedono la regata.

Tutte cose in cui il veterano dell’equipaggio sarà lieto di affiancare l’armatore, coordinando tutti gli altri membri che saranno altrettanto lieti di essere coinvolti. E se non fossero lieti..? beh facciamoci qualche domanda…
Divisione delle spese
Su questo argomento non sono rare discussioni o malumori espressi a labbra serrate. Se è vero (come è vero) che in crociera tutte le spese si dividono in parti eguali (carburante, porti, cambusa, ecc.), la regola in regata cambia un po’: all’armatore normalmente spettano tutte le spese generali della barca (armamento, certificati ecc.) e tutte le spese per partecipare alla regata (trasferimenti, tassa di iscrizione ecc.). All’equipaggio resteranno le spese personali ed eventualmente l’alloggio se la regata si svolge in più giorni e non vi è possibilità (o semplicemente non se ne ha voglia) di dormire a bordo.
Buona tradizione è che l’equipaggio pensi alla cambusa e magari ad offrire all’armatore la cena pre o post regata. Non sono regole ferree, non esiste nessuna norma scritta ma diciamo che tra equipaggi non professionisti il bon ton più o meno segue le linee sopra descritte. Certamente poi se l’armatore non è particolarmente facoltoso e se magari la tassa di iscrizione è insolitamente alta, si possono trovare soluzioni di amichevole compromesso: il fine ultimo, non dimentichiamolo, è quello di partecipare alla regata e divertirsi.

Ogni tanto però serpeggia tra gli armatori la brillante idea di chiedere una quota di “partecipazione” all’equipaggio in aggiunta alle spese. E’ una abitudine abbastanza diffusa in occasione di regate iconiche come ad esempio la Barcolana. Lasciatemelo dire: a meno che tu non sia armatore di una barca in perfetta forma e skipperata da un velista di chiara fama, direi che questa idea dovrebbe tramontare con la stessa velocità con cui è balenata. Molti, troppi armatori sono convinti di possedere la barca dei sogni (altrui) o di potersi definire maestri di vita, di vela e di regata. Amici miei scendete dal pero e diamo una occhiata al vostro curriculum sportivo prima di potere anche solo pensare di organizzare una barca da regata-scuola. That’s it, che piaccia o no; eviterete di farvi ridere alle spalle.
A bordo
Arriviamo al giorno della regata: da questo momento in poi inizia una fase in cui – potenzialmente – può scatenarsi il circo equestre. Ognuno di noi può raccontare i suoi aneddoti ed ognuno ha, fortunatamente, i suoi antidoti. Manteniamo la calma e vediamo di fissare qualche “paletto”.
Il momento del briefing pre-regata: l’equipaggio ascolterà senza distrarsi, guardarsi attorno e leggere messaggi su telefono… a proposito di telefono, il mio è chiuso nella sacca da quando si mollano gli ormeggi a quando finisce la regata. Sarebbe davvero buona cosa (è abbastanza chiaro l’eufemismo?) evitare di armeggiare sullo smartphone, accendere la sigaretta elettronica (meno che meno quella “vera”) ed altre amenità a 10 minuti dalla partenza della regata. Un po’ di concentrazione suvvia, va bene che stiamo parlando di regate amatoriali ma un poco di impegno in più renderà anche più divertente tutta la faccenda.

In regata poi parla uno solo ed è lo skipper o tattico o timoniere o armatore… insomma chi volete voi ma uno ed uno solo; e sarà colui che avrà il compito di coordinare l’equipaggio e la condotta della barca. La regata non è un momento di dibattito, non è una occasione mondana in cui l’equipaggio chiacchiera amabilmente mentre si risale in bolina. Anche i momenti di apparente inattività vanno utilizzati per concentrarsi, ripassare mentalmente la prossima manovra o semplicemente per fare chiaro in coperta.
Quante regole!! no, amici, non è questa l’intenzione: solo qualche spunto e qualche aspetto a cui fare attenzione per evitare di rovinare una attività, quella della regata, che ha pochi eguali in fatto di fascino, adrenalina e divertimento.
Alla fine comunque la regola fondamentale è una sola: divertirsi, e per fare questo non può che esistere un tacito accordo tra armatore ed equipaggio: l’armatore fa divertire l’equipaggio, l’equipaggio fa divertire l’armatore. Questo è un classico caso in cui si crea una cosa più grande della somma di quello che la compone.
Si crea un sailing team.
Buon vento, ci vediamo in regata.
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