Migliorare la sicurezza a bordo
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In molti mi chiedono spesso come migliorare la sicurezza a bordo. Premesso che ognuno naviga a suo modo e con il suo stile, la maggior parte delle barche che vedo non è in regola con le dotazioni di bandiera, ha la zattera incapsulata in fondo al gavone e i giubbini stivati in punti difficili da raggiungere. Non parlo nemmeno di chi poi si rifugia nella bandiera estera per non avere dotazioni a norma, perché tanto “non controllabile”.
Nei controlli delle dotazioni una barca capita di trovare questa situazione: giubbini di bassa qualità (a volte ancora confezionati!), razzi scaduti, estintori incellofanati, il tutto sommerso nello stesso gavone in dinette e infine zattera da 8 passeggeri infilata in un buco da cui per estrarla serve Hulk. Ho cronometrato, 2 minuti scarsi e non l’ho mica messa fuoribordo…Pannelli, tagliole, coperchi… Se montata in tuga viene spazzata dalle onde, se posizionata nei gavoni non la tiri più fuori.

Sullo specchio di poppa sembra il posto migliore, vicino all’acqua e incastrata in un gradino.
Nel 2001 alla partenza della Med. Odyssey organizzata da Alfredo Giacon venne un inglese della ARC a vedere la barca con cui dovevamo regatare, tutto bene, poi due domande a bruciapelo:
– Dove avete i tappi per le falle?
– Li, riposti in quel cassetto.
– Bene, ma si figuri a cercarle o farle cercare al suo equipaggio in emergenza, con l’acqua che entra da una falla. Ogni tappo col diametro giusto andrebbe tenuto vicino alla presa a mare da chiudere.
Poi chiese:
– Cade una persona in mare, che fate?
Allora chi disse salvagente, chi disse tasto MOB, chi disse prendo il timone e uno che fissa il naufrago… Lui sorrise e disse: fermate la barca, è la prima cosa da fare, poi fate tutto il resto. Non ho mai perso nessuno per strada, ma aveva ragione.

Anni fa con Vela e Motore, quando cambiò la normativa sulle zattere facemmo un bel test con la redazione testando con 25-30Kn di bora le zattere fuori e dentro la diga di Ravenna:
Io e Paola scegliemmo la Zodiac, la migliore sulla carta. Lei salì dalla barca (insieme ad altri 2 per creare affollamento), io cercai di farlo a nuoto. Se non ci fosse stata lei a tirarmi dentro, non sarei mai riuscito a salire, tra il giubbino, le onde, la zattera che girava ed i gradini in cordino che andavano di qua e di la. Dopo 5 min stavamo andando in diga… abbiamo provato a remare, impossibile. L’unica cosa che ha fermato e stabilizzato la zattera è stata l’ancora galleggiante. Come tirare il freno a mano in curva.
Ci fu vietato dalla CP che monitorava di sbarcare in spiaggia, ci saremmo girati sicuramente. Lanciammo proprio dalla loro barca la zattera, perché dalla barca a vela era impossibile, una saponetta da 60Kg nelle mani. Abbiamo fatto poi le prove di raddrizzamento il giorno dopo, che era più calmo, cosa che ha richiesto spesso due persone su zattera da 8 persone (maschi e sugli 80Kg).
Quando si gira la zattera ti arriva addosso, bombolone compreso!
Dopo una settimana qualche zattera era sgonfia e il kit di sopravvivenza era veramente banale. Le operazioni furono fatte a novembre 2004, io avevo una muta stagna da derivista (non una goccia) senza la quale sarei andato in tachicardia per il freddo.
Aggiungiamo che se l’emergenza capitasse di notte le cose si complicano non poco, tutto è invisibile (metto una foto all’imbrunire) ed è solo grazie a flash che si vede qualcosa.
Da questa esperienza ho capito che fai prima a salire sul gommone e che la zattera è l’ultima spiaggia.
Addestramenti in piscina sono di aiuto, ma dovete poi aggiungere tutto il resto, lo stato mentale, il meteo ecc.
E’ sempre bene fare una check list per punti, avere un bidone con viveri, un vhf portatile e tutto l’equipaggiamento nel posto giusto. Sono tanti i dettagli che possono fare la differenza.
Insomma ci si può sempre migliorare e bisogna fare training (e insegnare a chi sale a bordo, quasi come negli aerei) e diventare come soldati.
Ecco perché consiglio zattera autoraddrizzante, Epirb manuale con attivazione se bagnato, batteria cambiabile facilmente e PLB., giubbini da 180-200N automatici con cappuccio, cinture anche fai da te con cima in poliestere e grillo con chiusura a vite (ogni membro ha 2 cinture, così una non si sgancia mai se deve spostarsi), life line in spectra centrale o convergente sull’albero, per evitare di finire fuoribordo, battagliola solida e con draglie buone (meglio 2 costole rotte)… ci sono poi salvagente esterno e tante cose come i tappi di legno ai tubi e alle valvole.
Sulla ns barca usiamo zattera Viking, MOB1 e EpirbE 100G della Ocean Signal, con 96 h di autonomia secondo Solas, Meosar compatibile e istallabile in barca (Sotto ad un osteriggio) e fuori. L’AIS è solo un Trasponder ClassB, quindi ricevente e trasmittente, meglio se con antenna dedicata o antenna isolata e metallica.
Date il piano rotta alla famiglia, alla marina e anche al Corpsat Bari o quello Francese se sapete che potreste avere problemi.
Autore del libro “Lavori a Bordo” e conduttore del serial Tv “Lavori in barca”.
- La manutenzione dei fuoribordo - 27 Agosto 2020
- La traversata atlantica con l’ARC - 30 Marzo 2020
- La lucidatura delle murate e la cura del teak - 20 Febbraio 2020
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